La storia di Pro tra fulmini e saette

Questo racconto è stato scritto da Paola che lo ha ascoltato direttamente dalla voce di suo padre.
Io l’ho solo modificato in alcuni punti.
Purtroppo mi è arrivato dopo che avevo già pubblicato la serie di testimonianze nel libro “La voce delle radici”.

Mi chiamo Prospero, ma mi hanno sempre chiamato Pro, abito a San Rocco di Camogli, e vorrei raccontarvi una cosa non tanto bella che mi è capitata nell’agosto del 1947.
Avevo tredici anni e lavoravo come fattorino per la Guardia di Finanza.
Guadagnavo 114 Lire al mese.
Ogni mattina partivo da San Rocco, dopo essere passato dal Panificio Maccarini a ritirare il cesto pieno di generi alimentari – soprattutto pane fresco, focaccia e gallette del marinaio – e mi avviavo a piedi sul Monte di Portofino, fino al Monte Bricco che si trova sopra il Sentiero dei Tubi.
Portavo da mangiare ai finanzieri che erano di stanza sul Bricco, sotto il Monte Campana, e alloggiavano in quella piccola costruzione e nella casamatta vicina che si possono vedere ancora oggi. Questi due manufatti erano stati costruiti durante la Seconda Guerra Mondiale. Prima c’erano i soldati italiani e dopo l’8 settembre del 1943 erano stati occupati dai soldati tedeschi.
Poi la guerra era finita – grazie a Dio qui da noi non aveva fatto grossi danni – e quelle costruzioni venivano usate dai finanzieri come punto di vigilanza per contrastare il contrabbando.
Qualcuno domanderà: contrabbando di cosa?
Mi viene da ridere a pensarci. Oggi siamo abituati a ben altri bruttissimi traffici: droga e armi, per non parlare del traffico di organi umani e persino di uomini, donne e bambini, tutti interi.
Subito dopo la guerra, il contrabbando consisteva in sigarette.
Tutto avveniva sempre rigorosamente di notte e la cosa funzionava così. La nave contrabbandiera arrivava ad una certa distanza dalla costa. Da terra partivano le barche a remi – allora di motori fuori bordo ne giravano pochi – e giungevano sotto bordo alla nave grande. Gli scatoloni con la merce erano calati nelle barche e queste tornavano a riva. Le stecche di sigarette venivano messe dentro gli zaini e, a spalle e a piedi, venivano poi smistate nei paesi vicini.
Magari era un lavoro faticoso, ma non era difficile e non era troppo pericoloso.
E poi all’epoca di soldi non ce n’erano mica tanti in giro, il lavoro era scarso e bisognava adattarsi, se si voleva vivere.
Questo contrabbando si capisce se si pensa che a quel tempo c’era il Monopolio di Stato sulle sigarette e anche sul sale. Voleva dire che solo lo Stato poteva vendere questi due prodotti. Infatti su qualche insegna vecchissima c’è scritto “Sale e Tabacchi”.
Fino a qualche anno fa, sopra una targa antica a Santo Stefano d’Aveto, si poteva anche leggere “Qui si vende Chinino di Stato”.
Quindi, a quel tempo, il contrabbando di sigarette prosperava bene perché costavano molto meno di quelle autorizzate, dato che non erano tassate.
Poi, ad un certo punto, per difendere il Monopolio di Stato, la Guardia di Finanza ha messo alcuni suoi uomini nei punti strategici del Monte di Portofino per cercare di stroncare o almeno contrastare questo contrabbando.
I finanzieri facevano i turni: quindici giorni di guardia sul Monte Bricco e poi per quindici giorni erano di stanza nella Caserma della Finanza che era a Camogli, sulla passeggiata a mare di Via Garibaldi, dove adesso c’è la Rotonda.
Sul Sentiero dei Tubi, subito dopo l’uscita della galleria scavata sotto il Bricco per far passare l’acquedotto, avevano fatto una derivazione al tubo principale e raccoglievano l’acqua per bere e per lavarsi in una vaschetta.
Nella casamatta, dove c’è la feritoia lunga, c’era l’ufficio e nell’altro vano c’erano delle brande dove dormivano.
Invece, in quel casottino che c’è pochi metri dietro alla casamatta, da una parte c’era la cucina e dall’altra una saletta.
I finanzieri non stavano solo lì, sul Monte Bricco, ma a volte scendevano a San Fruttuoso di Capodimonte e nella Cala dell’Oro, dove c’era un’altra piccola caserma che sulle carte si chiama ancora “Ex Caserma Finanza”, anche se ormai restano solo i muri diroccati. All’epoca invece funzionava da posto di controllo e avevano anche una barca nella cala, pronta a essere messa in mare.Perlustravano la costa fino a San Rocco, ma soprattutto controllavano dall’alto tutta la zona sotto il Monte Bricco ed anche la Costa della Torretta.
Una mattina sono partito da San Rocco per il mio solito giro, con la scorta di viveri per i finanzieri. C’era un temporale e io, che ero un ragazzino, mi divertivo a guardare le saette e i fulmini che sfrecciavano nel cielo e ridevo, inconsapevole del pericolo al quale stavo andando incontro.
Sono arrivato al Bricco, sono entrato nella cucina dove c’erano i finanzieri e mi sono appoggiato ad un bancone di cemento bordato da una lastra di ferro che non ha fatto altro che attirare la scarica di uno dei fulmini che in quel momento si abbattevano sul monte.
Grazie a Dio, non fui colpito direttamente, ma rimasi paralizzato alle gambe e non potevo muovermi.
I finanzieri, invece, vennero colpiti leggermente alle braccia e quindi poterono scappare mentre io, preso dalla paura, rimasi lì a terra, a piangere…
Poi cominciai a strisciare sulle braccia… Avanti… Come potevo.
Sempre strisciando, sono uscito dalla cucina, sotto la pioggia, cercando di salire anch’io verso il Semaforo Nuovo, dove erano scappati i finanzieri che in un primo momento non si erano accorti che io non ero insieme a loro.
Ho continuato a strisciare con le mani e con le braccia e mi sono scorticato tutte le gambe tra le spine e i sassi taglienti, ma non provavo dolore, perché le gambe non me le sentivo davvero più… era come se non le avessi.
Strisciavo e intanto sopra di me continuava il temporale con fulmini e tuoni e pioggia fitta…
Passò un po’ di tempo prima che i finanzieri si ricordassero di me, ma poi arrivarono ad aiutarmi, e mi portarono fino su, alla casa del Semaforo Nuovo, al riparo.
Da quella postazione potevano comunicare via radio con la base di Santa Margherita Ligure e chiesero aiuto.
Quando arrivarono i soccorritori, mi caricarono su una sedia, perché non c’era altro mezzo, e passando su sentieri impervi e sotto la pioggia e il vento, mi portarono in questo modo fino a Portofino Vetta, dove arrivava la strada transitabile per le auto. Poi da lì, con un’auto fuoristrada, fino all’Ospedale di Camogli, dove mi hanno prestato le prime cure.
Mi praticarono dei massaggi adatti, in modo da riattivare la circolazione per poter di nuovo muovere le gambe…
Quando il sangue mi arrivò alle estremità delle dita dei piedi ho sentito dei dolori fortissimi. Urlavo e piangevo e per tenermi fermo mi ci vollero molti infermieri.
Sono rimasto all’ospedale circa un mese.
Logicamente, da quel giorno non sono più andato a lavorare in quel posto.
L’anno dopo il Monte Bricco è stato colpito da un altro fulmine mentre i finanzieri erano di guardia, e allora hanno deciso di sospendere il controllo del contrabbando da quel punto.
Fortunatamente, di quell’incidente del fulmine mi è rimasto solo un brutto ricordo e nella mia vita non ho più avuto problemi collegati all’uso delle gambe.
Questa storia sembrerebbe finita qui, ma non è così.
Soltanto molti anni dopo, una mattina, nel periodo che nascono i funghi – chissà cosa mi è preso – ho deciso di andare a fare un giro anche lì, sul Bricco.
Sono partito di mattina presto e alle cinque ero sotto quel monte, mi sono fermato un attimo a riposare e ad un tratto, lontano sull’orizzonte, mi è sembrato di vedere una specie di lampo, ma era presto, non si vedeva bene, ho pensato che era la luce di una nave al largo e sono salito fin sopra il Monte Bricco.
Poi è venuto giorno e io ho cominciato a cercare i funghi, ne avevo già trovati un bel po’ e li avevo messi nel mio cestino quando, ad un tratto, ho alzato gli occhi e ho visto delle nuvole nere venire rapidamente verso il monte, e sono iniziati i lampi e i tuoni. Ho preso subito la strada del ritorno e l’ho fatta tutta di corsa, inseguito dalla burrasca. Ero accecato dai lampi e non vedevo niente, ma correvo, correvo, correvo!
Sono arrivato alle prime case del paese, alla Stalla, e sono entrato nel casetto dove Luigittu, che faceva il pescatore, rassettava le reti. Lui mi ha guardato, ha visto com’ero conciato e spaventato, e mi ha dato subito un bicchiere d’acqua.
I funghi che avevo trovato li avevo persi nella corsa e quelli che erano rimasti nel cestino erano diventati un mucchietto di roba molla.
Non sono mai più andato sul Monte Bricco.

Ogni volta che vedo fulmini e saette mi ricordo di quelle brutte esperienze e mi vengono le lacrime agli occhi, ma mi ritengo fortunato perché sono qui a raccontarlo.

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